¡Invidio il femminismo pop!
Conosci Rigoberta Bandini?
Probabilmente molti di voi conoscono Rigoberta Bandini, cantautrice spagnola che può vantare quattro dischi d’oro per i suoi singoli e che recentemente ha lanciato il suo accattivante banger estivo 2022. Si tratta di Asì bailaba, realizzato in coppia con un’altra cantante spagnola, Amaia Romero.
Ma scopo di questo articolo non è la marchetta ai pezzi della Bandini o al suo curriculum, quanto l’analisi della sua irresistibile figura mediatica. Da poco tempo, ma con grande efficacia, Rigoberta Bandini (classe 1990) si è infatti imposta come icona femminista. Un femminismo pop i cui messaggi vibrano attraverso le sonorità e i testi delle sue canzoni, o gli estratti delle sue interviste.
E infatti, possiamo apprezzare la Bandini sia mentre dedica una canzone alla maternità - Ay Mamá, una delle sue hit - sia mentre lancia spunti di riflessione circa il problema dello sfruttamento del corpo della donna.
O ancora possiamo ascoltare il brano Perra. E soprattutto goderci il videoclip, che mostra un consorzio eterogeneo di donne (per età, razza, attitudine) che riscopre il proprio legame con una ferinità ancestrale. Le protagoniste del video si muovono insieme, affascinanti e inquietanti insieme, e paiono un sabba spaventoso o un primitivo circolo di sacerdotesse matriarcali. Mica male per un video pop!
E l’aspetto più straordinario della Bandini è la sua assoluta - e mi auguro sincera e non costruita dal marketing - spontaneità, che contribuisce proprio a fare da trampolino nella maniera più semplici ai temi della femminilità.
Come in questa intervista che vi lascio qui, dove durante una naturale chiacchierata con l’host ha dichiarato di avere il ciclo, e descritto senza remore i problemi intestinali che le dava l’ansia di apparire sullo schermo.
Fantastico. Dopotutto è lei a dichiararlo.
«El feminismo no es una lucha, es una celebración»
E l’uomo?
Avere una star con un approccio alla vita brillante e trascinante tanto quanto i suoi pezzi è una cosa motivante per il suo pubblico. Lo dimostrano i commenti sotto le creazioni della Bandini. La lacuna che percepisco in quanto maschio cis è che… non riescono a venirmi in mente simili esempi al maschile. Non che siano mancate nella storia dell’arte storie di uomini pensate per uomini, ma è raro trovare qualcuno che racconti l’attuale mascolinità, l’attuale crisi del maschio Millennial. Quello che noi viviamo quotidianamente. I legami di amicizia, le insicurezze, e le gabbie patriarcali da cui l’uomo stesso deve avere la sua rivincita catartica. E se mi dite che il nostro Rigoberta Bandini era Max Pezzali (in realtà me lo sto dicendo da solo riflettendo a voce alta) rispondo che secondo me non serve, in questo momento storico, raccontare storie di uomini in rapporto con le loro cotte o che cercano l’amore o che inseguono partner per riempire le loro lacune emotive.
Serve altro.
Così ballava…
Quando ho sentito per la prima volta Asì bailaba ho cercato di saperne di più circa la source di questa canzone il cui ritornello sembrava preso da una qualche filastrocca per bambini. Quando ho scoperto il significato vero del brano - estremamente femminista - mi sono venuti i brividi per la genialità.
Asì bailaba prende spunto effettivamente da una filastrocca. Una filastrocca del gruppo Los Payasos de la Tele. La canzone, creata per spiegare ai bambini i giorni della settimana, utilizza un meccanismo che sicuramente nasceva con ingenuità ma è - diciamo - leggermente invecchiato male.
C’è una bambina che, ogni giorno, non ha tempo di giocare perché deve, nell’ordine: stirare, pulire, fare il bucato, cucire, spazzare, cucinare e pregare.
La Bandini e Amaia capovolgono del tutto i dettami clowneschi e nella loro canzone descrivono una femminilità che si libera di ogni precetto sociale, un po’ come in Perra.
La bambina, in questa nuova versione 2022, dovrebbe svolgere mansioni casalinghe, ma non può. Perché deve ballare. E così, asì planchaba (“così stirava”) diventa asì bailaba (“così ballava”).
Un inno alla solidarietà fra donne che cercano in qualche modo, unite, di liberarsi da confini soffocanti.
A veces observo mi vida
Y aún no sé si es drama o comedia
La niña hoy no puede lavar
Porque es que tiene que bailar
Le bambine cresciute con la filastrocca di tanti anni fa hanno la loro catarsi.
In Italia
In Italia un ruolo simile a quello della Bandini - quindi di questo femminismo pop che ha la sonorità delle hit estive ma sa anche raccontare lo smarrimento esistenziale Millennial - è rivestito forse da Margherita Vicario che, fra le altre cose, ha saputo raccontare di sinceri rapporti di amicizia fra donne in canzoni come Pincio o Come va.
Storie di uomini
Tornando a noi, e intendo noi maschi. Tutto questo per dire che invidio molto il modo in cui la scena pop sta sfornando vip donne in grado di parlare alle donne e raccontare il mondo femminile in maniera così moderna (coinvolgente, ballabile, ma con una sua profondità).
Recentemente rileggevo Fiesta di Hemingway che offre, fra gli altri temi, un interessante spaccato sulla mascolinità. C’è un passaggio del libro dove due personaggi principali - Jake e Bill - vanno a pescare sulle rive del fiume Irati, in Spagna. Rimangono per diversi giorni e nel frattempo alloggiano in una locanda dove conoscono un inglese di nome Harris. Quel microcosmo di uomini in mezzo alla natura è una storia di solitudini che si sommano, di uomini che nella battaglia quotidiana (con le trote del fiume nel caso del romanzo) trovano il senso della loro esistenza. Ma nonostante questa ricerca della battaglia, della pugna costante, in Hemingway non trionfa il machismo. I suoi personaggi esprimono virilismo anche perché sono perfettamente in grado di essere a contatto con le loro emozioni e con una ostentata sensibilità poetica. E questo è un colpo di piccone alla gabbia patriarcale. Quando Jake e Bill devono partire per Pamplona, Harris è smarrito, desolato. Non può seguirli nonostante l’invito (è come se non potesse fare a meno di essere lì, di cercare se stesso nella sfida con le forze naturali) ma non riesce nemmeno ad accettare l’idea di essere solo (come se tutta la sua esperienza sull’Irati nascesse apposta per colmare una qualche sua lacuna che emerge dalle pagine). Amicizia, lotta, solitudine, sentimenti. Peccato doverli però andare a cercare in un testo che ha ormai quasi un secolo. Peccato non avere anche noi la nostra hit estiva.